Cinquanta per sempre – Introduzione

Vi racconto brevemente chi sono per farvi comprendere da dove nasce l’idea di questo libro. Mi chiamo Gianluca Scazzosi, sono nato nel 1966, ovvero a cavallo del cambio generazionale fra Baby-boomer e X Generation, in un Italia allegra e prosperosa in piena crescita economica e con una gran voglia di consumo e divertimento. Nel quinquennio fra il 1965 e il 1969 in Italia sono nati quasi 5 milioni di individui, più del 10% della popolazione di allora. Nel momento in cui sto scrivendo, nel territorio italiano, i residenti che hanno un’età fra 50 e 60 anni sono quasi 10 milioni, ovvero il 15% della popolazione.

Sono stato sempre uno sportivo, ho praticato sport a livello agonistico fino all’età di 18 anni e l’attività fisica è diventata la mia professione prima dal punto di vista tecnico, con una laurea in Scienze motorie, e successivamente, dopo un BA (Bachelor of Arts) in Sport Management, anche da quello manageriale e imprenditoriale.

Il giorno in cui ho deciso di scrivere questo saggio avevo appena compiuto 55 anni e stavo navigando nella “Terra di mezzo” per citare Il Signore degli anelli, ovvero quasi a metà strada fra l’inizio dei 50 anni, che ho sempre considerato il giro di boa di questa regata che è l’esperienza di una vita, e il traguardo dei 60 che, metaforicamente, mi piace immaginare come una strada in leggera discesa, verso un periodo vitale meno turbolento, ma con qualche acciacco in più dovuto al naturale e progressivo trascorrere del tempo.

Il giorno prima, al risveglio, sembrava un giorno come tutti gli altri, la notte era trascorsa serenamente grazie a un sonno continuo, sentivo un po’ di dolore al collo per via della rigidità delle articolazioni delle spalle, soprattutto la destra, che è progressivamente peggiorata a seguito d’un grave incidente in moto di dieci anni prima nel quale ho fratturato la clavicola, ma niente di particolarmente diverso dal solito.

Mi aspettava una giornata intensa di lavoro, avevo appena cominciato un progetto di sviluppo in una start up, un aggregatore che mette a contatto la domanda di attività sportiva e di fitness con tutto ciò che è presente sul mercato al fine di dare all’utente finale una piattaforma digitale ove trovare l’offerta migliore e più adeguata al suo bisogno di movimento. Il progetto era entusiasmante perché offriva un prodotto innovativo al consumatore di sport e fitness ma si sviluppava in un’azienda nella quale l’età media era di 27 anni e il manager più anziano (più vecchio anche dei soci fondatori) ero io!

Il fatto di condividere la quotidianità lavorativa in un ambiente generazionale anagraficamente e quindi culturalmente distante, popolato da collaboratori molto più giovani, mette le persone di fronte a un’inesorabile consapevolezza, ovvero quella di dover fare i conti con la propria età e con ciò che questo comporta a livello emotivo, psicologico e fisico.

In serata, poi, mi aspettava un evento sportivo di team building organizzato internamente, una sorta di triathlon a squadre con diverse discipline nelle quali gareggiare e competere, un contest fra colleghi che al termine dei giochi avrebbe decretato la squadra vincente. A fine giornata ero esausto, ma anche contento, è stato divertente gareggiare con i miei colleghi e, tutto sommato, me la sono cavata ancora bene, nonostante il gap generazionale, anche se la differenza di età si faceva sentire; lo spirto competitivo che caratterizza gli sportivi rimane però nel loro comportamento e anche la memoria muscolare riaffiora in gara — due elementi che si scontrano però con la fisiologia.

La mattina dopo, infatti, il risveglio è stato traumatico. Innanzitutto il sonno è stato tormentato e discontinuo, ma soprattutto i dolori muscolari e, ancora peggio, quelli articolari, mi hanno fatto ricordare che, a cinquant’anni, il processo d’invecchiamento è cominciato da un pezzo e che era arrivato quindi il momento di far qualcosa per contrastarlo seriamente.

Attenzione, c’è una sostanziale differenza fra invecchiamento e decadimento, ovvero un progressivo deperimento delle cellule, e questo è il concetto di base su cui si basa tutta la storia che vi racconterò in questo libro.

Non si può modificare la biologia dell’invecchiamento, che, purtroppo, è immutabile. La pelle è destinata a peggiorare e a diventare meno elastica, più rugosa e meno tonica, i capelli diventano bianchi e nella maggior parte degli uomini si diradano, la memoria a breve termine tende a diminuire, la vista si indebolisce e spesso anche l’udito ma, seppur è impossibile fermare questo processo e fuggire da quello che possiamo chiamare invecchiamento “reale”, è invece possibile ridurre, se non addirittura evitare, il deterioramento progressivo che colpisce l’aspetto funzionale del processo. Il 70% di ciò che normalmente associamo al processo d’invecchiamento non è inevitabile e, soprattutto, non siamo obbligati a subirlo passivamente.

L’uomo non è stato selezionato per vivere in eterno, ma abbiamo la possibilità di fare molto per invecchiare più lentamente e continuare ad avere una vita piacevole ed appagante fino ad ottant’anni ed oltre, facendo in modo che l’organismo funzioni come quando ne avevamo cinquanta.

Nella prima parte di questo libro racconterò un po’ di storia dell’argomento “invecchiare” da una prospettiva filosofica e sociologica, successivamente affronterò l’aspetto biologico e fisiologico e, senza la presunzione di esporre un trattato accademico, cercherò di raccogliere ed elencare le teorie più accreditate che danno una spiegazione scientifica del processo di invecchiamento sulla base di ricerche e sperimentazioni rigorose e delle conseguenze che questo processo ha sulla fisiologia dei singoli organi e sul loro funzionamento.

Nella terza parte parlerò di cosa possiamo fare — e, mi permetto di aggiungere, obbligatoriamente dobbiamo fare — per contrastare il naturale decadimento organico provocato dallo scorrere del tempo.

Nella quarta e ultima parte proverò a dare qualche consiglio pratico per guidarvi in questo percorso affinché diventi uno stile di vita.

Tratterò i singoli argomenti con un approccio sistemico, ovvero non come elementi a se stanti, ma come facenti parte di un unico insieme, l’essere umano appunto. Alimentazione e attività fisica, ma anche pensiero e relazioni sociali, sono gli strumenti che, se adoperati in modo consapevole, ci permetteranno di vivere in modo sano e soddisfacente il più a lungo possibile.     

Facebook
Twitter
LinkedIn
Torna in alto